Sabato 9 novembre alle ore 21.15, con il concerto di MAX IONATA & HAMMOND GROOVES, prende il via l’8° edizione di VomeroSuona Winter Edition, diretta da Michele Solipano. Il primo concerto sarà ospitato presso la Chiesa di San Potito a Napoli. Con il sassofonista tenore ci saranno: Antonio Caps all’ organo hammond, Daniele Cordisco alla chitarra, e Elio Coppola batteria.
In scaletta brani tratti da “Four Groovin’ One”, il nuovo album di Max Ionata e gli Hammond Groovers, patrocinato da Hammond Italia, uscito per l’etichetta Nuccia, nel quale il sassofonista abruzzese, – Max Ionata è nato ad Atessa in provincia di Chieti nel 1972 – mescola composizioni originali e rivisitazioni di classici del jazz contemporaneo, proponendo un sound che coniuga freschezza e tradizione, rimanendo saldo alle radici del New Hard Bop.
Ionata è un musicista giovane, ma di provata esperienza, vanta collaborazioni importanti come quelle con: Steve Grossman, Mike Stern, Bob Mintzer, Bob Franceschini, Hiram Bullock, Jimmy Haslip, Marvin Smitty Smith, Dave Weckl.
Ha collaborato con i principali musicisti della scena Jazz italiana a cominciare da: Dino Piana, Roberto Gatto, Dado Moroni, Stefano Di Battista, Giovanni Tommaso, Flavio Boltro, Furio Di Castri, Fabrizio Bosso, Enrico Pierannunzi, Giovanni Mazzarino.
Ha condiviso il palco con cantanti e vocalist di primo livello come: Gegè Telesforo, Mario Biondi, Ornella Vanoni, Vinicio Capossella e Sergio Cammariere.
Musicista eclettico, Max Ionata ha incontrato la musica da bambino, attraverso la banda del paese, ha al suo attivo la pubblicazione di oltre 100 album, ha fatto molte tournee all’estero ed è particolarmente apprezzato in Giappone, dove i suoi dischi da solista hanno riscosso grande apprezzamento.
Ha vinto premi e riconoscimenti in Italia e in ambito internazionale come: Il premio “Massimo Urbani” per la sezione fiati nell’anno 2000, il premio del pubblico, al concorso internazionale “Tramplin Jazz D’Avignon” in Francia nel 2002, e una borsa di studio messa in palio dal Columbia College di Chicago nel 1999, che gli ha dato la possibilità di studiare a Chicago sotto la direzione di Willam Joseph Russo, uno dei più importanti compositori e arrangiatori americani, fondatore del Chicago Jazz Ensemble.
Ha studiato con Rosario Giuliani, Luca Mannutza, Emanuele Cisi, Robert Bonisolo e Steve Lacy.
Tra i suoi album più interessanti vanno almeno menzionati: Two for Duke: registrato insieme al pianista Dado Moroni nel gennaio 2012 presso la Casa del Jazz a Roma, nel quale realizza un omaggio a Duke Ellington attraverso brani brani come “All Day Long”, “Lotus Blossom” e “Perdido”.
Kind of Trio – Max Ionata, Clarence Penn, Reuben Rogers, registrato nel marzo 2011 si distingue per brani come “Brotherhood”, “Con Alma” e “Nuovo Cinema Paradiso.
Little Hand – Max Ionata Quartet, pubblicato nel 2003, insiema a Marco Loddo al contrabbasso, Nicola Angelucci alla batteria e Luca Mannutza al pianoforte.
Per approfondire questo musicista, vi consigliamo di ascoltare anche: Inspiration Live del 2014, e Two for Stevie, ancora con Dado Moroni al pianoforte nel quale realizza un interessante omaggio a Stevie Wonder.
In occasione del suo concerto a Napoli ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda.
Quali sono stati i musicisti importanti per la tua formazione?
Troppo difficile individuarne alcuni, perché ci sono state tante figure fondamentali nella mia crescita musicale, ma alcuni sono stati decisivi. Coltrane, Sonny Rollins e Dexter Gordon sono senza dubbio figure che hanno avuto un grande impatto su di me. Ascoltando i loro dischi ho imparato non solo la tecnica, ma anche l’intensità e la passione che possono emergere dal sassofono. Anche figure come Michael Brecker e Joe Henderson mi hanno aperto nuovi orizzonti, facendomi vedere quanto il jazz possa essere versatile e innovativo. Infine, nel corso degli anni ho avuto la fortuna di suonare e imparare da grandi musicisti italiani e internazionali, esperienze che mi hanno arricchito sia musicalmente che umanamente.
Come giudichi l’ingresso e l’insegnamento del jazz nei Conservatori?
Penso sia stato un passo importante e necessario. Il jazz è una forma d’arte che merita lo stesso riconoscimento e lo stesso livello di studio delle altre discipline classiche. L’ingresso nei Conservatori ha permesso a tanti giovani talenti di avvicinarsi alla musica jazz con un percorso strutturato e di qualità, contribuendo alla crescita di una nuova generazione di musicisti più consapevole. Dal 2021 sono docente di Tecniche di Improvvisazione Musicale al Conservatorio Pollini di Padova, e questa esperienza mi ha confermato quanto sia importante bilanciare teoria e pratica, tecnica e creatività. Insegnare jazz vuol dire aiutare gli studenti a sviluppare una propria voce e identità, un percorso che richiede dedizione ma anche libertà, per far sì che il loro approccio alla musica sia autentico e personale.
Cosa pensi della scena del jazz in Italia?
La scena jazz in Italia è viva e piena di talento, con musicisti che non hanno nulla da invidiare ai colleghi internazionali. Ci sono tanti progetti interessanti e una forte spinta verso la sperimentazione e la ricerca di suoni nuovi. Purtroppo, il jazz in Italia è ancora un po’ di nicchia e avrebbe bisogno di un supporto maggiore per raggiungere un pubblico più ampio. Le realtà che sostengono il jazz sono fondamentali, ma servirebbero più eventi e più attenzione da parte dei media per portare questa musica a tutti. Ciononostante, posso dire che ogni volta che suono in Italia, sento una passione e un entusiasmo che mi fanno ben sperare per il futuro del jazz nel nostro Paese.
Cosa proporrai sabato 9 novembre per la rassegna VomeroSuona?
Per VomeroSuona proporrò principalmente il repertorio di Four Grovin’ On, il mio ultimo disco con gli Hammond Groovers. Questo progetto è nato dalla voglia di creare un sound energico e coinvolgente, che mescola le sonorità del jazz con un forte groove, grazie alla presenza dell’organo Hammond e di una ritmica travolgente. Con me sul palco ci saranno i miei compagni di viaggio: Daniele Cordisco alla chitarra, Antonio Caps all’Hammond e Elio Coppola alla batteria. È un lavoro a cui tengo molto perché rappresenta un punto d’incontro tra il linguaggio jazzistico e un feeling ritmico che può coinvolgere anche chi non è un abituale ascoltatore di jazz. Durante il concerto, porteremo questa energia, interpretando i brani dell’album e creando un’esperienza musicale che mira a far divertire il pubblico e a farlo sentire parte del nostro viaggio musicale.
Articolo tratto dalla mia rubrica Onda Media: Musica, Comunicazione e Tecnologia – pubblicata sulle pagine di Cronache di Napoli, Cronache di Caserta, e sul sito Cronachedi.it