Peppe Merolla, appartiene a quel ristretto numero di artisti, capaci di trasformare in qualcosa di bello, tutto quello che fanno.
È letteralmente quasi nato su un palcoscenico, figlio d’arte, i suoi genitori sono stati apprezzati artisti della canzone, del teatro e della sceneggiata napoletana, sua sorella Anna, è una brava cantante.
È un musicista serio, un talento coltivato da anni di gavetta, studio e applicazione, elementi indispensabili, a chi come lui, intende l’arte e la musica come elemento fondamentale della propria vita.
Peppe è un incredibile batterista, un trombettista jazz, dal suono personale e dal fraseggio Hard bop, ed è uno dei più incredibili interpreti della canzone classica napoletana, e come se non bastasse, suona bene anche il pianoforte.
Con questo strumento, complementare e indispensabile per un musicista estrazione classica come lui, ha un rapporto simbiotico, lo utilizza come una sorta di microscopio dal quale ricavare gli elementi armonici, ritmici e melodici, da utilizzare quando improvvisa jazz, o canta e suona classici americani e napoletani.
Sua Madre è Tina Barone, una cantante nota per la sua partecipazione al Festival di Napoli nel 1981, dove ha cantato la canzone “A primma vota”, e che ha pubblicato diversi album e singoli, tra cui “Ancora Napoli”. Suo padre è Gino Morelli, cantante molto apprezzato sin dalla fine degli anni ’70, che ha partecipato a diverse edizioni del Festival di Napoli, noto per canzoni come “Pezzullo e Paraviso” e “L’ammore mio sta cca”.
La compagnia Barone/Morelli si è esibita in tutto il mondo: in Europa, nel sud America, ma anche in Canada e negli Stati Uniti, dove, ha aperto un concerto a New York City, nel 1974, per Frank Sinatra. Peppe allora aveva solo 5 anni, ma impressionò fortemente “The voices” che lo soprannominò “Little Joe”.
Tornato in Italia Merolla si iscrive al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, dove consegue la laurea magistrale in Tromba Classica, tra le sue esperienze come trombettista quella con l’orchestra del Maestro Claudio Simonetti, con il quale ha suonato 2 anni.
Il suo amore però era e rimaneva sempre la batteria, così dopo la laurea in Conservatorio si dedica anima e corpo a questo strumento, studia con Walter Scotti, un musicista di livello internazionale che ha suonato tra gli altri con: Ray Charles, Joe Zawinul, Chet Baker, Mina, Lucio Dalla e Francesco De Gregori.
Come batterista e percussionista, ha collaborato con l’Orchestra Scarlatti di Napoli, la sua attività artistica lo ha portato a fare tour e apparizioni su Rai International, e a collaborare con diversi cantanti anche in ambito pop, come: Andrea Bocelli, Eugenio Bennato, Pietra Montecorvino, Raffaella Carrà, Katia Ricciarelli e Ornella Vanoni.
Tra la fine degli anni 80’ e l’inizio del decennio successivo Peppe Merolla ha avuto anche diverse partecipazioni cinematografiche, la più significativa è quella nel film “Scugnizzi”, di Nanni Loy, del 1989, dove non solo ha interpretato uno dei personaggi principali, “Aglietello”, ma ha anche cantato anche alcuni brani della colonna sonora del lungometraggio, a cominciare della famosa e apprezzata “Perzone perzone”, scritta da Claudio Mattone.
Un film importante, che ha segnato un’ epoca e inaugurato uno stile sia cinematografico che musicale, la cui colonna sonora è diventata popolare a livello nazionale vincendo anche un Oscar italiano al Festival Internazionale del Cinema di Venezia.
Peppe Merolla, ha composto e arrangiato musica per molti cantanti, tra cui sua sorella Anna, una nota vocalist, con la quale si è esibito in tour in tutta Europa.
Da oltre 30 anni Peppe vive e lavora negli Stati Uniti, attualmente con la sua famiglia abita a Las Vegas, dove alterna, attività concertistica e insegnamento, l’amore per il jazz e la sua passione per Napoli e il suo straordinario repertorio musicale.
Lo abbiamo raggiunto al telefono e ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda.
Quando e come è iniziato il tuo rapporto con l’arte e con la musica?
Avevo 5 anni quando ho iniziato, il mio è stato un percorso naturale, ho cominciato a esibirmi nella compagnia di mia madre e mio padre, i miei genitori, sono stati due cantanti molto apprezzati: Tina Barone e Gino Morelli, il loro show, e girava tutta l’Europa e si sono esibiti spesso anche in Sud America, Canada e Negli Stati Uniti, io all’epoca suonavo la batteria, il mio era un numero speciale, avevo solo 5 anni.
In verità sono quasi nato su un palco, mi madre per poco non mi partorì sulle tavole del mitico Teatro 2000, il tempio della sceneggiata napoletana. In quel periodo lei lavorava con Mario Merola, e mentre stava recitando le si ruppero le acque, lo spettacolo fu interrotto e dopo pochi minuti nacqui io.
Quali sono stati i tuoi inizi?
All’età di 9 anni cantai con mia madre un pezzo che ebbe un grande successo, si chiama “Mamà (Nun Me Lassà)”, era prodotto dall’ etichetta Zeus Records. Mi ritrovai a fare ben 3 dischi come cantante, e a esibirmi dal vivo un po’ dovunque, eravamo molto richiesti, ma una voce dentro mi diceva che quella non era la mia strada. La mia passione era la musica strumentale, la batteria e il jazz.
Sul mio percorso ebbi la fortuna di incontrare quello che sarebbe diventato il mio insegnante e il mio punto di riferimento, il grande batterista Antonio Golino. Studiai con lui, ma soprattutto ebbi modo di confrontarmi con un autentico musicista jazz, il suo insegnamento principale fu quello di rivolgere la mia attenzione all’ ascolto.
All’ epoca non era facile recuperare dischi o partiture come adesso, così Antonio generoso e premuroso, mi preparava audio cassette con registrazioni di artisti come Art Blakey e Buddy Rich, e si raccomandava che le ascoltassi, che introitassi quel drumming e quel suono.
E il cinema?
Ho partecipato a 3 film, “Scugnizzi” di Nanni Loy nel quale ho collaborato come cantante anche alla realizzazione della colonna sonora, scritta da Claudio Mattone. In quel film canto diversi brani a cominciare da: “Perzone, perzone”, una canzone che ha avuto un grande successo, e anche “Una Volpe”, cantata insieme a Ernesto Minopoli e Enzo Garamone, e ho inciso anche la celebre “ “Magnifica gente” un brano corale al quale hanno partecipato anche Raffaello Converso, Sara Basile, Nino Forte e Ernesto Minopoli.
Ho lavorato anche al film “Vento di Mare”, una miniserie televisiva del 1991, diretta da Gianfranco Mingozzi, poi partecipai alla serie Tv “La piovra 5” di Luigi Pirelli, con Vittorio Mezzogiorno, e Remo Girone.
Ma ancora una volta rinunciai a tutto, ebbi diverse offerte per continuare a fare l’attore, ma il richiamo della musica e del jazz era comunque troppo forte. Scelsi la via più difficile, per continuare a seguire il mio cuore e le cose che amavo.
La mia vita è stata sempre così, ho seguito l’istinto, l’amore, l’arte; ed è quello che consiglio anche ai miei allievi. Il vero successo è seguire la propria strada, riconoscersi in quello che si fa. Inseguire solo i soldi e il successo effimero non porta da nessuna parte. Si vive una sola volta e io credo che abbiamo il dovere di seguire quello che amiamo nei limiti del possibile.
Quali sono state le tue collaborazioni più importanti in Italia?
Ho fatto di tutto: dalla “Festa dei Gigli” – manifestazione di tradizione popolare cattolica che si tiene ogni anno a Nola, in provincia di Napoli, in onore di San Paolino, il santo patrono della città. Questa festa si celebra la domenica successiva al 22 giugno e commemora il ritorno di San Paolino dalla prigionia ad opera dei barbari nella prima metà del V secolo –.
A quelle relative alla “ Madonna dell’ Arco” – una tradizione religiosa molto sentita nella regione Campania, in particolare a Sant’Anastasia, vicino Napoli. Questa festa si celebra ogni anno il Lunedì dell’Angelo, il giorno dopo Pasqua, e attira migliaia di fedeli. La musica è un elemento centrale nella Festa della Madonna dell’Arco. Durante questa celebrazione, i battenti o fujenti eseguono canti devozionali e inni dedicati alla Madonna. Questi canti sono spesso accompagnati da strumenti tradizionali come tamburi e fisarmoniche, creando un’atmosfera di intensa spiritualità e partecipazione comunitaria.
Ho suonato dovunque, anche a feste private, matrimoni, feste di piazza, tutte esperienze importanti e formative per la mia vita di musicista. Credimi per suonare professionalmente in quei contesti dovevi avere una preparazione ferrea, sapere leggere uno spartito a prima vista, e essere capace di accompagnare contesti diversi in maniera sempre puntuale.
Poi ho avuto l’opportunità di suonare con l’orchestra Scarlatti di Napoli, ho collaborato con Vince Tempera, Ornella Vanoni, Katia Ricciarelli e tanti altri artisti. Tanto lavoro di studio sia come trombettista che batterista e poi ancora collaborazioni con Eugenio Bennato, Peppe Barra, Patrizio Patrizio Trampetti, Pietra Montecorvino e con il sassofonista Marco Zurzulo, al quale sono molto legato.
Ma anche in ambito jazz ho collaborato con molti artisti italiani come: i sassofonisti Alfonso e Sandro De Ida, il pianista Michele Di Martino, il maestro Enrico Pieranunzi. Tra le cose più belle che mi sono capitate, quando vinsi il concorso per entrare nella Big Band di Siena Jazz, allora diretta da Ettore Fioravanti.
Quando e perché hai deciso di andare in America?
Nel 1996 capii che se volevo avere nuove esperienze professionali e soprattutto confrontarmi con il mio amato jazz dovevo venire negli Stati Uniti. Non è stato facile, qui non ti aspetta nessuno, ma con sacrifici e serietà mi sono fatto conoscere e apprezzare. Ho collaborato con musicisti di primo livello come: Harold Mabern – pianista e compositore, ha suonato con numerosi artisti di fama internazionale, tra cui: Lionel Hampton, Betty Carter, Johnny Hartman, Lee Morgan, Cannonball Adderley etc… – Ho suonato anche con Vincent Herring, un sassofonista strepitoso, che ha suonato con gente del calibro di Horace Silver, Freddie Hubbard e Nat Adderley.
Le collaborazioni sono state tante non riesco a dirle tutte in poco tempo, ma vorrei almeno ricordare: quella con il sassofonista Eric Alexander, con il pianista Benito Gonzalez, un musicista che vanta collaborazioni con Kenny Garrett e ha suonato per 7 anni con il mitico Pharoah Sanders.
Non meno importanti i miei incontri con il pianista Dave Kikoski, un musicista che ha collaborato tra gli altri con: Roy Haynes, Randy Brecker, Bob Berg, Billy Hart, George Garzone, Barry Finnerty, Red Rodney, Craig Handy, Ralph Moore, Didier Lockwood e Pat Metheny.
Ma gli incontri più importanti per me restano quelli con Harold Mabern, che credette subito in me e mi aprì un bel po’ di porte e quello con il trombettista, Jeremy Pelt, un musicista di Los Angeles che conobbi a New York, e con il quale ho suonato per molto tempo.
Anche Jeremy è stato importante come esperienza per me, è un musicista poco conosciuto in Europa, ma vanta collaborazioni con: Ravi Coltrane, Cedar Walton, Roy Hargrove e Vincent Herring.
Un’ altra parte importante del mio lavoro riguarda l’insegnamento, collaboro con diversi college, amo insegnare, e intanto scelgo con cura le collaborazioni e i tour ai quali partecipare, nel corso del tempo sono diventato sempre più selettivo.
Che differenza c’è circa l’insegnamento della musica tra l’Italia e gli Stati Uniti?
La differenza sostanziale riguarda il modello scolastico, la musica ha un diverso tipo di approccio nella scuola americana, dove sin da bambini si viene avvicinati a quest’ arte, attraverso corsi pratici, ma anche attraverso una formazione didattica proposta attraverso l’ascolto di concerti dal vivo o tramite materiale audio/visivo.
Il jazz è la loro musica, fa parte del loro bagaglio naturale, i ragazzi sin dalle scuole medie praticano uno strumento, hanno possibilità di suonare nelle Big Band, fanno show e concerti durante l’anno scolastico, una cosa impensabile in Italia. Negli Stati Uniti, la musica e il jazz fanno parte dell’ esperienza quotidiana delle giovani generazioni. In Italia invece devi andarti a cercare le cose, intraprendere un percorso, è tutto completamente diverso
Per finire, che rapporto hai oggi con la canzone napoletana?
La canzone napoletana è in me sempre, sta sempre con me, è la mia cultura è il luogo da dove vengo, è la mia tradizione, le mie radici. La palestra fatta a Napoli, la mia formazione classica, e anche quella fatta come musicista in orchestre specializzate anche nella canzone napoletana, mi hanno permesso di ottenere i primi ingaggi qui in America, dove quando fui chiamato per sostituire, un batterista impressionai tutti leggendo ogni spartito a prima vista. Quello fu il mio trampolino di lancio, in quella occasione feci ricorso a tutte le mie esperienze, sia quelle mutuate con lo studio fatto in conservatorio, che quelle maturate sul campo, nel corso di matrimoni, feste di piazza, e in tutto quello che mi è capitato di affrontare nel corso della mia vita musicale.
La canzone e la musica napoletana, sono parte integrante della mia natura, del mio panorama sonoro, anche quando suono jazz, dentro c’è una parte di Napoli. E questo mi viene riconosciuto da illustri colleghi come Jeff Teenwaltz, o Mickey Rooker, un batterista che vanta esperienze con Dizzy Gillespie e Sonny Rollins, da Louis Hayes, un grande batterista di Detroit, che ha suonato con il quintetto di Horace Silver, che trovano nel mio drumming un fraseggio personale, che non paga dazio a imitazioni o manierismi.
da Cronache di Napoli, Cronache di Caserta e Cronachedi.it del 16 novembre 2024