Perché un italiano dovrebbe scrivere di Jazz?

La scrittura di un libro è una cosa seria, ogni volta che lasciamo qualcosa di scritto, ci assumiamo la responsabilità della sua immutabilità, e dell’effetto che lo scorrere del tempo ha sulle parole.

Quando mi venne in mente di raccontare una storia del jazz in forma di romanzo, mi feci molte domande, prima tra tutte:

  • Come narrare un argomento così vasto e complesso come la storia del jazz, con parole e prospettive interessanti?

E poi:

  • Come rendere un romanzo storico, quale è Jazz story… le avventure di Tony Monten, un testo utile a scoprire anche aspetti sociali, politici, antropologici e persino sentimentali della storia americana, e non un semplice esercizio di fantasia?

E per finire:

  • Come cercare di rendere questo testo anche una guida in grado di fornire indizi a chi avesse voglia di approfondire la storia del jazz, oltre a leggere la vita e le avventure di Tony Monten, il protagonista del romanzo?

Mia moglie mi sconsigliò di intraprendere questa strada, lo ricordo come se fosse ora, eravamo in macchina, più di dieci anni fa, e io le espressi il desiderio di scrivere qualcosa che avesse a che fare con il jazz, lei mi guardò e senza indugi mi disse: “Lascia perdere, ti vai ad imbarcare in un vicolo cieco”.

Il suo principale dubbio risiedeva nel fatto che riteneva poco verosimile che un italiano, avesse qualcosa da raccontare su un’epopea così lontana culturalmente dalle nostre radici.

Incassai il colpo, continuai a guidare, in sottofondo dall’ autoradio intanto Thelonius Monk suonava insieme Charlie Rose…

Ma poi, una volta arrivato sul raccordo anulare, mi vennero in mente le trasmissioni radiofoniche che avevo fatto in Rai al fianco di Adriano Mazzoletti, alla fine degli anni 80, quando avevo una ventina di anni.

Ebbi la fortuna di partecipare ad un programma meraviglioso, “Radio Uno serata Jazz”, un programma scritto e diretto da Mazzoletti, nel quale suonavano dal vivo musicisti incredibili come: Tony Scott, Jon Faddis, e dove ebbi addirittura l’occasione di conoscere il trombettista Red Rodney, il famoso “albino red” del film “Bird” di Clint Eastwood, che suonò al fianco di Charlie Parker dalla fine degli anni 40’.

Oh! Per quei pochi che non lo sapessero, Adriano Mazzoletti è stato uno dei più grandi esperti e divulgatori di jazz a livello mondiale, ed io ho avuto la fortuna per un paio di anni di lavorare al suo fianco, nella realizzazione di quel suo programma, che andava in onda tutti i giovedì alle 20,35 dagli studi della Rai di Via Asiago in Roma.

Mazzoletti è stato anche autore di libri importantissimi sulla storia del jazz, e sulla storia del jazz in Italia, volumi fondamentali, per chiunque desideri studiare questo argomento, ha coordinato enciclopedie, trasmissioni televisive ed è stato anche l’ideatore di molti programmi radiofonici sull’ argomento sin dagli anni 50’, che spero siano gelosamente custoditi dalle teche della Rai.

Anzi, ci tengo a dirvi che meravigliose trasmissioni e concerti jazz, voluti, realizzati e fatti registrare dalla Rai da Adriano Mazzoletti, sono attualmente disponibili su Rai Play Sound. Vi consiglio di andare a sentirli, è materiale di grande importanza storica, che la Rai dovrebbe pubblicizzare e valorizzare di più.

Io però ricordavo un programma nel quale Adriano Mazzoletti, aveva raccontato la storia di musicisti italo americani, che andava in onda negli anni 90’, nel 1987 se non ricordo male, sulle gloriose frequenze in onda media di Radio Uno e che io ascoltavo da Tolone in Francia tutti i pomeriggi.

In quel programma veniva raccontata la storia e l’importanza del contributo dato dai musicisti italo americani alla nascita e allo sviluppo del jazz, attraverso la biografia di gente come: Leon Roppolo, Nick La Rocca, Tony Sbarbaro.

Quei ricordi mi confortarono, ma non dissi niente, feci finta di nulla, sorrisi a mia moglie, continuai a guidare.

Il vero pregio di un incassatore è preparare il colpo vincente, quando l’avversario è certo di averlo sconfitto.

Passai le settimane successive a mettere insieme ricordi e materiale che avevo conservato, vecchie audio cassette, articoli, e ritrovai persino degli appunti ammuffiti nello scantinato di casa di mio padre.

Misi insieme tutto, sapevo che c’era molto da raccontare, avevo con me una serie di prove sull’ importanza del contributo dato dalla comunità italiana in America, alla nascita e allo sviluppo del jazz.

Presentai prove e reperti un sabato pomeriggio, e dopo una convincente arringa, Silvana si convinse che il mio progetto era giusto.

Il resto del tempo, più di 10 anni l’abbiamo passato a mettere insieme i pezzi e a raccogliere nuove informazioni per raccontare la storia del “favoloso” Tony Monten, il jazz manager più scalcagnato di New York City.

Desidero dedicare questo scritto al rimpianto maestro Adriano Mazzoletti e ad Anna Maria Pivato, sua moglie, che ho avuto la fortuna di conoscere in quegli anni, che saluto e ringrazio di cuore per tutto quello che ha fatto e continua a fare per la diffusione del jazz.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *